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Laboratorio di scritture e altre discipline

  • Immagine del redattoreRedazione


Per la serie delle Trascurate, proponiamo una bellissima antologia, pubblicata da Guanda nel 1959 e mai ristampata dopo la riedizione Feltrinelli del 1978, La poesia surrealista francese, curata da Benjamin Péret e tradotta da Roberto Sanesi. Scegliamo due autori meno noti tra quelli antologizzati: Julien Gracq e Gisèle Prassinos.


GISELLE PRASSINOS / LORDURA SARCASTICA


Care caricature,

Voi dovete combattere la futura convalescenza dell’uomo circondato. Solo la sua curvatura sufficiente raggiungerà lo stato della sua anima tranquillizzata dalla grazia ilare della sua prigionia. Come trapassarsi lo spirito per confondere l’umanità unanime, senza vivere del sangue dei suoi antenati, per retrocedere il modo gutturale di precipitarsi tranquillamente? Tutto ciò è d’una difficoltà troppo semplice per chiamare a sé la sola forza comune del presente passato; tutte queste cose imitate dalla presa in giro del trapassato risveglieranno in noi una mimica di sofferenza. Ed è per questo, cara e soddisfacente biancheria da letto, che ho fatto entrare nella profondità dei vostri esseri il solo funzionamento rurale della mia amicizia.


*


VALLE DELL’ORO E DEL LASTRICATO


Valle dell’oro e del lastricato

Nascondi la tua fiamma in questi fili di paglia

nelle cave e nei fiordalisi,

per diminuire l’ombra

metti alla prova suono e fiore.


*


JULIEN GRACQ / LA GIUSTIZIA


Ho ascoltato le arringhe senza stancarmi, ogni tanto un tic nervoso alla spalla sinistra. Un ragno in mezzo all’aula scendeva e saliva attaccato al suo filo, come un complicato lampadario da teatro. Tutti, capisci, coglievano l’allusione; si sarebbe sentita volare una mosca. Gli effetti oratori delle maniche degli avvocati spandevano grandi ondate di un profumo di mandorle amare. Alla fine ho trovato tutto questo molto particolare, non arriverò a dire sui generis. Ce ne sono stati uno a morte, tre all’ergastolo, gli altri si sono eclissati in punta di piedi, con grandi gesti teatrali, dietro un elegante trompe-l’oeil di merletto. Quando il sipario si è alzato per la terza volta, io ero solo nell’aula a ringraziare il presidente, che sputava noccioli di ciliegia nel suo tocco. Ti giuro, era sconcertante.

*


IL PASSEGGERO CLANDESTINO


Certe volte ero trasportato sulla spiaggia smisurata di una città gloriosa, alzata al vento dei suoi mille alberi, urlante nell’aria come di geyser spento le sue grida rapprese in pietra, una piramide alta di muri dalla patina setosa dove nelle strade della sera si prendeva come uno specchio sopra la banchisa del mare il nobile cristallo dell’aria sonora, e molto lontano, oltre le alte muraglie, calme trombe proteggevano senza tregua una solennità misteriosa – un porto d’altomare lavato dai venti e devastato da un mare dove si tuffano rossi rapidi soli, e là, disteso all’estremità di un molo, a fior delle onde tutte inclinate e inanellate nella corsa in un solo soffio portando via – sulle mie spalle, le torri e le cupole dorate fumanti d’una polvere di sole nel blu estenuato sotto i finimenti della giornata calda – affascinato da un sogno salato di foschia solare e sulla mia schiena l’enorme gonfiarsi di bolle di questi gusci secolari, i corridoi di crimine di questi milioni d’alveoli, le piazze deserte attorno alle statue di gloria e agli spettri del giorno pieno, i porticati dei palazzi ciechi impennacchiati neri di un tenebroso schioccare d’orifiamme, come un uomo che grida in pieno mezzogiorno - la città aspirata con me nello specchio traboccante della sera si liberava sul mare in un crepitio di brace, fendeva l’acqua con un petto mostruoso sotto le sue colonne di tela, su una burrasca di rumore e di silenzio, sotto la nebbia di luce vivente e l’ardente cespuglio delle sue bandiere.


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