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Poesia cilena / Rafael Farías Becerra


Rafael Ignacio Farías Becerra è nato a Santiago del Cile nel 1982 ma vive da tempo in Spagna, a Barcellona, dove svolge attività di ricerca per Penguin Random House in collaborazione con l’Università Pompeu Fabra. Poeta e saggista, in Cile ha pubblicato le raccolte Dietro lo specchio o le bellezze che siamo lì (2006), Demos (2011) e La cellula inabitabile (2013). È stato direttore della casa editrice Desbordes, della rivista cilena di letteratura Lingüa Quiltra e di Resonancias, rivista di filosofia dell’Università del Cile. Ha ottenuto il Premio Balmaceda e il Premio di Poesia della Fondazione Neruda. È stato ricercatore di Filosofia all’Università di Barcellona e all’Università Parigi 8 Saint-Denis, nonché animatore del Movimiento Social Playa Hermosa, un’associazione nata a difesa della costa cilena.

L’ultimo libro, I paesaggi della crisi o la crisi dei paesaggi, appena pubblicato da RIL, dal quale Alberto Pellegatta traduce una selezione di testi, inaugura una nuova tappa nella produzione di questo poeta con formazione filosofica.




Ho aspettato che arrivasse la notte e quegli spettri tornassero a tirarmi i capelli con i loro tentacoli, che tornassero a dividermi il corpo in elastici e provassero ad affogarmi con la respirazione delle meduse.

All’improvviso, sembrava una di quelle razze elettriche che tagliano l’estensione dell’oceano, mentre scivolavo tra le pietre sospese nell’aria. La sabbia continuava a smuoversi, perché il mio paese era crisi e nei suoi tragitti sotterranei esisteva ancora un magma che scoppiava in intensità.

Era come se le correnti dei miei nervi fossero alghe su scogliere abbaglianti e non esistessero più flussi di pensieri ma solo scogliere, dove mulinellano i venti e si avvicinano le acque con strani animali in visita.

*


Esperé a que llegara la noche y esos espectros volvieran a tirarme del pelo con sus tentáculos, volvieran a escindirme el cuerpo en elasticidades e intentaran ahogarme con la respiración de las medusas.

De pronto, parecía una de esas mantarrayas eléctricas cortando la extensión del océano, deslizándome entre las piedras suspendidas en el aire. La arena continuaba removiéndose, porque mi país eran estas crisis y en sus trayectos subterráneos, aún existía un magma estallando en intensidades.

Era como si las corrientes de mis nervios fueran algas en un terreno de deslumbrantes arrecifes y ya no existieran flujos de pensamientos sino acantilados, donde se arremolinan vientos y se aproximan aguas con extraños animales visitantes.


*


Ho provato a riunire le forme della mia stanza e chiamarle, ma la mia voce era un mostro che non mi apparteneva e però mi parlava da lontano. A fulmini cercava di cominicare con me.

La mia lingua allora cominciava a mettersi in relazione con altri linguaggi e la sua grammatica si è trasformata in una mappa di territori distorti.

*

Intenté reunir las formas de mi habitación y nombrarlas, pero mi voz era un monstruo que no me pertenecía y sin embargo me hablaba desde lejos. A relampagazos intentaba comunicarse conmigo.

Mi lengua entoncescomenzaba a relacionar otros lenguajes y su gramática se convirtió en un mapa de distorsionados territorios.

*


Ho pensato che fosse il mio cervello epilettico quello che si traduceva all’esterno, perché anche in città tremava e in ogni angolo qualcuno sembrava gridare e scomparire in precipizi.


A mi ha chiamato La cintura di fuoco che si taglia nell’oceano.

F ha festeggiato, mentre il cielo vulcanico si sgretolava.

G mi parlava di quel paese, pensando che qui tutto fosse scomparso.


*


Pensé que era mi cerebro epiléptico el que se traducía hacia el exterior, porque en la ciudad también temblaba y en cada esquina alguien parecía gritar y desaparecer en precipicios.


A me llamó El cinturón de fuego cortándose en el océano. F celebró, mientras el cielo volcánico se desmoronaba. G me hablaba de aquel país, pensando que aquí todo había desaparecido.


*


Dentro al mio cervello uno spettro perdeva le sue impronte nella neve. Si faceva un parcour sui rilievi della cordigliera fino a perdersi nel labirinto dell’altipiano notturno:


Auscultando il polmone delle Ande

Soffiando i loro vulcani verso l’interno

Inalando il manto delle loro nevi

Alzando il colore delle loro rocce

Rimuovendo la geografia delle altitudini

Vibrando con il magnetismo delle loro faglie


QUESTA È LA CORTECCIA INTERROTTA DEI PAESI ACCIDENTATI


La rottura simultanea in altri tempi

Tracciato nella cartografia dislocata Dai cieli

Al respiro


*


Dentro de mi cerebro un espectro perdía sus huellas en la nieve. Se hacía un parcours sobre los relieves cordilleranos hasta perderse en el laberinto altiplánico de la noche:


Auscultando el pulmón de los Andes

Soplando sus volcanes hacia adentro

Inhalando el manto de sus nieves

Levantando el cromatismo de sus rocas

Removiendo la geografía de las alturas

Vibrando con el magnetismo de sus fallas


ESTA ES LA CORTEZA INTERRUPTA DE LOS PAÍSES ACCIDENTADOS


El quiebre simultáneo en otro tiempo

Trazado en la cartografía dislocada De los cielos

Al respiro


*


Mi dicevi che mi comportavo come un contadino infuriato con la peste che assedia le erbacce del terreno costiero. È che ho affilato la mia falce, ma non voglio tagliare il tronco cerebrale della campagna, né le ramificazioni delle sue escrescenze, meno ancora i bulbi da dove rinascono strane magnolie. Voglio la rivolta del lichene che fertilizza l’oceano. Il corpo collettivo dei pesci che aumenta la temperatura delle acque. Voglio colture di corallo che trasformano la testura dei rilievi. Voglio le alghe che danzano e si intrecciano nella loro impollinazione politica!


*


Me decías que actuaba como un campesino enfurecido en contra de las pestes que asediaban las malezas del suelo marítimo. Y es que he afilado mi hoz, pero no quiero cortar el tallo encefálico de lo agreste, ni las ramificaciones de sus excrecencias, menos el bulbo de donde renacen extrañas magnolias. Quiero la revuelta del liquen fertilizando el océano. El cuerpo colectivo de los peces aumentando la temperatura de las aguas. Quiero sembradíos de coral transformando la textura de los relieves. Quiero las algas que danzan y se entrelazan en su polinizaje político!

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