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Poesia spagnola / Dionisio Cañas



Nato nel 1949 a Tomelloso, nella Mancha spagnola, l’autore che presentiamo ha vissuto nove anni in Francia e trenta a New York – come testimoniano anche i suoi versi sull’11 Settembre. È stato professore della City University di New York. Ha pubblicato diversi libri di poesia e saggi. Tra le raccolte in versi ricordiamo La fine delle razze felici, Il grande criminale, Cuore di cane, In caso d’incendio e La ballata dell’uomo-donna. La natura radicale di questo poeta, allergica ai linguaggi conformisti e codificati, lo ha portato a raccogliere diverse esperienze dei laboratori di poesia tenuti in giro per il mondo in un’opera in versi collettiva.

Le poesie e le prose che seguono, tradotte da Alberto Pellegatta, sono raccolte nell’antologia Il mondo era un bel miraggio (RIL 2022), a cura di Héctor Hernández Montecinos e uscita recentemente anche in Spagna.



L’UNICO ARGOMENTO DELL’OPERA


È inutile vendicarsi della notte che occupi

questo spazio svuotato dove non c’è più niente

di estraneo a te e a ciascuno dei tuoi gesti

Nessuno è colpevole della tua tenace sconfitta

né di qualche momento felice che brami dell’infanzia

Hai fatto del male e dovrai ricevere il tuo

anche se adesso bruci tutte le foglie vecchie della tua vita

e al vento abbandoni i resti di una casa

Sai che è utile sotto la tristezza

visitare un museo a mezzogiorno

ma oggi è tutto più duro

e già è più stanco il tuo sguardo

Dall’innocenza sei passato all’espropriazione dell’allegria

e vedi il tempo come se leggessi libri

antichi dove a volte trovi

una lamina sfocata di scene felici

e non dimenticate

E così maldestramente ti infili

tra gli occhi e le cose

una maschera spessa che non è quella della vita

E la tua memoria trapanata

finirà per cacciare tutte le proprie intenzioni

sia infangando gli anni sia facendoti paura

(perché conoscere il mondo è già temerlo)

Oggi hai iniziato a intravedere qualche cadavere

chi senza padrone ti da forma e tu l’accetti

e porta già il tuo nome e ti rappresenta

Ma accettare è cosa facile E dire no?

Quando come dirai di no a te stesso

tutta quella voglia di rivederti ad ogni tratto

in cui senza saperlo ti separi leggermente

da una parte che ormai non puoi più recuperare

Non puoi accelerare né ascoltare di nuovo

il frammento musicale

ti renderà miglior attore

dopo lo splendore dell’artificio

lascia lentamente

che finisca la scena

*

UBRIACO E PUTTANA ALLA TAVERNA DELL’AQUILA

Se questo dio si facesse uomo

e non ci abbandonasse nel momento

meno opportuno

alla deriva per le strade di Manhattan

cercando un po’ di anonima tenerezza

il nero pergolato dei suoi capelli

la pelle profumata only with orina

le linee dei suoi diciannove anni

Così sono passati i giorni come gabbiani

su un mare pietrificato nella mente

e a lui ritorna e lo ignorano gli occhi

dell’amante e quando vede ricorda

il padre prigioniero tra quelli

Dolce è il canto degli irlandesi

né più né meno che il verde di Cork o la birra

che straripa dalla bocca dell’ubriaco

gli restituiranno l’amore perduto

*

LA NOTTE D’EUROPA

Europa marcisce di malinconia, ___di ricordi con campi di concentrazione ___dove essere diversi, ___ebrei, froci e zingari vengono gasati. ___Questo è stato ieri, non adesso -hai detto-, ___il momento di piangere tanti morti -hai detto-, ___tante rovine, tanta crudeltà ___dei cacciatori bianchi ___che uccidono cervi innocenti ___per il piacere di uccidere. ___C’è da costruire e cantare -hai detto-, ___smettere di sputare su chi arriva da altre parti, ___iniziare a sbadigliare davanti a questa Europa che impasta ___con le sue ceneri il pane di domani. ___Questa è l’Europa che vogliamo? ___Is this the Europe that we want?

Ricorda: arrivano angeli elettronici ___con le loro trombe di cristallo ___per svegliare i morti. ___Se tu non sei pronta, ___lascia che i tuoi figli cantino un’altra canzone, ___che costruiscano città dove l’amore ___non sia solo la vuota parola delle religioni, ___gli inni nazionali che invitano all’odio, ___dove il tuo piatto di plastica è condiviso ___con gli affamati che raggiungono le tue spiagge. ___Europa può, lo sai bene, salvare ancora. ___Lo sterminio non è solo del corpo, ___ma anche del pensiero ___che marcisce nelle biblioteche. ___Sarajevo, i libri bruciati come puttane che sognano, ___croci e stelle di David calpestate, ___monarchie assassine assassinate, ___anarchie affogate nel loro stesso vomito -hai detto-, ___il sangue che corre lungo le strade ___perché Dio lo vuole ___e la luna che serve per bruciare i nuovi innocenti. ___This is not the Europe that we want. ___Questa non è l’Europa che vogliamo.

[…]

La realtà è troppo povera ___per contenere i sogni. ___Una logica schiacciante ___si aggira nel cuored’Europa, ___il suo io all’ombra. ___E tu, Maria Zambrano, hai detto: ___«Parlare a un europeo è come parlare con un conflitto, ___con qualcuno che fa di tutto per vivere, ___che si cancella e si ridisegna. ___Ogni europeo porta dentro di sé un altro. ___Quello da cui scappa, ___l’io all’ombra, ___colui che vive il disprezzo, ___di cui ci vergogniamo, ___quello che riconosciamo con ironia ___come contropartita ostinata del nostro progetto, ___e quell’altro dei nostri sogni ___con cui arriviamo a confonderci ___nei momenti fortunati, ___in quei rari momenti in cui ci pare ___che davvero viviamo e siamo. ___Lo sforzo della società europea ___è stata l’infaticabile tensione ___di tendere a un mondo, ___a una città sempre all’orizzonte, ___irraggiungibile». ____Ma questo era prima, cara Maria, ormai non siamo più vivi, ___adesso siamo solo l’ombra della Morte, ___l’allegria di un cadavere felice che galleggia nell’aria ___di una primavera stanca perché troppo frequente. ___Vittima dei capricci del cuore ___e della speculazione finanziaria, ___iniziamo a pensare a cifre feroci, ___a valori di borsa, viviamo ___nel centro commerciale della nostra stessa tragedia ___dove siamo solo mercanzia parlante. ___Ormai non siamo europei né americani, ___siamo i docili consumatori ___della nostra scomparsa. ___This is not the Europe that we want. ___Questa non è l’Europa che vogliamo.

Un mar Mediterraneo dove i turisti, ubriachi, ___vomitano sulle spiagge. ___Che abbiamo fatto quando abbiamo visto ___quel bambino affogato, ___abbandonato sulle spiagge turche? ___Piangere lacrime da coccodrillo e poi le risate di sempre. ___Un corpo senza vita in più? Era lui, ___Telemaco perso tra i rifugiati? ___O eri tu che tornavi con la marea della memoria ___cercando te stessa? Questo non lo saprà mai. ___In Europa le vacche ormai non trovano ___erba fresca da mangiare; ___i lupi scappano dai lupi umani; ___i mandorli fioriscono troppo tardi, ___quando la Primavera Araba è già un inverno di sangue. ___Quelle vigne che si estendono come lava verde ___non producono altro che vino per le sbronze ___dei turisti indifferenti al dolore degli altri. ___È questa l’Europa che vogliamo? ___Is this the Europe that we want?

Sulla bocca del tuono c’è un nome, ___un uomo che cerca se stesso. ___Adesso sa che tutto è stato una menzogna crudele, ___un gioco del cadavere invisibile della vita. ___Non è mai stato innamorato, non è mai stato amato. ___La sua impronta sulla terra si è cancellata, ___il suo nome, sulla bocca del tuono, è stato il miraggio ___di un fulmine che scappa in mezzo alla tempesta ___come il suo cuore. ___Scrivendo brucia qualsiasi possibilità ___di essere felici.


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