Andrea Piccinelli è nato a Grotte di Castro, nel Viterbese, dove vive e lavora, nel 1980. Laureato in Storia dell’Arte, ha pubblicato tre raccolte di poesia: Aporie spurie (Oedipus 2016, finalista al premio Opera prima Poesia 2.0), Degenza autoptica (Sigismundus 2017) e Note sul funzionamento di una macchina gigante (Transeuropa 2019, finalista al concorso Luce a Sud Est). I testi selezionati per i nostri lettori provengono da una raccolta inedita, dal titolo provvisorio di omissis. Sono le prime tre poesie del libro. Lontane da modalità standard di avanguardia, trovano nella pronuncia naturale, seppur sincopata, la loro voce. Un esercizio raffreddato (meditativo) di «sgorbi e «omissioni», concretamente aderente alla vita, una poesia trafitta come le sue «mosche».
È sempre stato provato – a volte
saranno catene di equivoci,
autentiche omissioni. Le
profondità si uniscono – vengono
proposte delle cose da guardare. E
se non fossero sgorbi – con
i tratti leggeri della vernice
sulla carta – tra le rovine
dell’ospedale, lo avrebbe detto
meglio di tutti. Prima che sia finita,
esprime chiaramente un desiderio –
la tiene, nell’oscurità, per
rendere il grasso come briciole
per le mosche da trafiggere.
*
Un esercizio al quale sottoporsi
volentieri. Niente cambia (dipende
dalle circostanze). Intere mattinate
a dare la colpa al caldo, all’itterizia,
alla boria altrui, all’ispirazione,
all’ipocondria, al tagliaerba nel giardino.
Il a baisé ta bouche,
Madame Cuore d’Avorio. Osserva
la gente che cammina per strada – il
popolo spremuto in tutto e idiota.
Annegare nella memoria
confonde la dinamica del respiro.
Smaschera – gira e raggira – aggiunge
colori – una virgola, due punti:
*
Non sa cosa stiano facendo. Potrebbe
essere fatto un decreto. Dal momento
in cui è chiaro, e diverso
per ognuno. Si richiede
la cattura dei più importanti. Nessuno
sfugge al controllo. C’è bisogno di
sicurezza, di strutture educative,
o donne nell’atto di partorire. Ma,
per questo,
ne capisce il significato. Perde interesse.
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