Robert Lowell, nato a Boston nel 1917 e morto nel 1977, è stato un poeta laureato americano, padre della poesia confessionale americana, due volte premio Pulitzer. Proponiamo alcuni testi da Poesie 1940-1970, tradotte da Massimo Bacigalupo e ripubblicate da Guanda nel 2001. Nel 2014 erano uscito, per Adelphi, l’epistolario con Elisabeth Bishop. Uscito anche nello Specchio Mondadori con Il delfino e altre poesie, è stato poi ristampato negli Oscar nel 2000.
FIGLI DELLA LUCE
I nostri padri strapparono il pane da tronchi e da pietre
e cintarono i loro giardini con l’ossa dell’uomo rosso;
imbarcatisi dalla terra bassa d’Olanda,
pellegrini scomunicati dalla morte di Ginevra,
piantarono qui i semi di luce del Serpente;
e qui i riflettori snodandosi esplorano per spaventare
le sfacciate serre costruite sulla roccia,
e candele si struggono presso un altare vuoto,
e la luce è dove il sangue senza terra di Caino
brucia e brucia il grano insepolto.
*
CHILDREN OF LIGHT
Our fathers wrung their bread from stocks and stones
And fenced their gardens with the Redman’s bones;
Embarking fron the Nether Land of Holland,
Pilgrims unhouseled by Geneva’s night,
They planted here the Serpent’s seeds of light;
And here the pivoting searchlights probe to shock
The riotours glass houses built on rock,
And candles gutter by an empty altar,
And light is where the landless blood of Cain
Is burning, burning the unburied grain.
*
LA FOCE DELL’HUDSON
A Esther Brooks
Un uomo solo è lì ritto come un osservatore di uccelli,
e scosta col piede la neve pepe e sale
da un rullo da cavi grigio, abbandonato,
della società elettrica Westinghouse.
Non può scoprire l’America contando
le file di treni merci in disuso
di trenta stati. Sobbalzano e sussultano
e diventano ferraglia nel binario morto sotto di lui.
Non tiene bene l’equilibrio.
Abbassa gli occhi,
e si lascia alla deriva col ghiaccio scomposto
che cricchia giù per l’Hudson verso il mare,
simile alle parti bianche d’un gioco a incastro.
Il ghiaccio ticchetta verso il mare come un pendolo.
Un negro tosta
chicchi di grano sui vapori di coke
di un fusto bucato.
Aria chimica
si spande dal New Jersey,
e sa di caffè.
Dall’altra parte del fiume
cornici di fabbriche suburbane s’abbronzano
al sole giallo zolfo
dell’imperdonabile paesaggio.
*
THE MOUTH OF THE HUDSON
For Esther Brooks
A single man stands like a bird-watcher,
and scuffles the pepper and salt snow
from a discarded, gray
Westinghouse Electric cable drum.
He cannot discover America by counting
the chains of condemned freight-trains
from thirty states. They jolt and jar
and junk in the siding below him.
He has truble with the wild ice
ticking seaward down the Hudson,
like the blank sides of a jig-saw puzzle.
The ice ticks seaward like a clock.
A Negro toasts
wheat-seeds over the coke-fumes
of a punctures barrel.
Chemical air
sweeps in from New Jersey,
and smells of coffee.
Across the river,
ledges of suburban factories tan
in the sulphur-yellow sun
of the unforgivable landscape.
*
L’ORA DELLA PUZZOLA
A Elisabeth Bishop
La romita ereditiera dell’isola
Nautilus passa ancora l’inverno nel suo villino spartano;
le sue pecore ancora brucano a picco sul mare.
Suo figlio è vescovo. Il suo fittavolo
è primo consigliere del villaggio;
è una vecchia rimbambita.
Anelante al
gerarchico isolamento
del secolo della Regina Vittoria,
compra ogni
orrore davanti alla sua costa,
lo manda in malora.
La stagione è malata -
abbiam perso il nostro milionario d’estate,
che pareva uscir da un catalogo
d’abbigliamento sportivo.
Il suo panfilo da nove nodi l’ora
andò all’asta ai pescatori d’aragoste.
Una macchia rosso volpe copre Blue Hill.
E ora il nostro effemminato
arredatore ravviva il suo negozio per l’autunno,
la rete da pesca è piena di sughero arancione,
arancione il suo deschetto e la lesina;
è un lavoro che non dà soldi,
farebbe meglio a sposarsi.
In una notte oscura
la mia Ford Tudor salì sul teschio del colle;
aspettavo le macchine degli innamorati. A luci basse,
giacevano insieme, chiglia e chiglia,
là dove il cimitero digrada sul paese…
La mia mente non è a posto.
La radio d’un auto bela,
“O Amore, spensierato Amore…” Odo
il mio spirito maligno singhiozzare in ogni goccia di sangue,
come se la mia mano fosse alla sua gola…
Io stesso son l’inferno,
nessuno è qui -
solo le puzzole, che cercano
al lume di luna un boccone da mangiare.
Marciano sulle loro zampe per Main Street:
strisce bianche, fuoco rosso degli occhi accesi dalla luna
sotto la guglia gessosa e cristallina
della Chiesa Trinitariana.
Sto in piedi in cima
ai gradini del retrocasa e respiro l’aria fragrante -
una puzzola con la sua fila di piccoli rigoverna il secchio dei rifiuti.
Infila il muso a punta in una tazza
di panna acida, abbassa la coda da struzzo,
e non s’impaurisce.
*
SKUNK HOURFor Elisabeth Bishop
Nautilus Island’s hermit
heiressstill lives through winter in her Spartan cottage;
her sheep still graze above the sea.
Her son’s a bishop. Her farmer
is first selectman in our village;
she’s in her dotage.
Thirsting for
the hierarchic privacy
of Queen Victoria’s century,
she buys up all
the eyesores facing her shore,
and lets them fall.
The season’s ill -
we’ve lost our summer millionaire,
who seemed to leap from an L. L. Bean
catalogue. His nine-knot wawl
was auctioned off to lobstermen.
A red fox covers Blue Hill.
And now our fairy
decorator brightens his shop for fall;
his fishnet’s filled with orange cork,
orange, his cobbler’s bench and awl;
there is no money in his work,
he’d rather marry.
One dark night,
my Tudor Ford climbed the hill’s skull;
I watched for love-cars. Lights turned down,
they lay together, hull to hull,
where the graveyard shelves on the town…
My mind’s not right.
A car radio bleast,
“Love, O careless Love…” I hear
my ill-spirit sob in each blood cell,
as myself hand were as its throat…
I myself am hell;
nobody’s here -
only skunks, that search
in the moonlight for a bite to eat.
They march on their soles up Main Street:
white stripes, moonstruck eyes’ red fire
under the chalk-dry and spar spire
of the Trinitarian Church.
I stand on top
of our back steps and breathe the rich air -
a mother skunk with her column of kittens swills the garbage pail.
She jabs her wedge.head in a cup
of sour cream, drops her ostrich tail,
and will not scare.
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