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Poesia greca / Giorgos Seferis

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 17 minuti fa
  • Tempo di lettura: 2 min

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Continuiamo con la riscoperta di autori e libri trascurati, non ristampati o dimenticati. Giorgos Seferis (1900-1971) è stato, insieme a Konstantinos Kavafis, uno dei maggiori poeti greci contemporanei. Premio Nobel nel 1963, saggista e diplomatico, ha scritto più di dieci raccolte in versi. Proponiamo una selezioni di testi dal volume Poesie, pubblicato da Mondadori, negli anni Sessanta, nella collana Oscar dedicata ai premi Nobel.



RIMA


Labbra, scolte di quella mia passione moritura

mani, catene della mia gioventù menomante

colorito d’un viso perso nella natura

uccelli… cacce… piante…


Corpo, grappolo nero al sole che dardeggia

corpo, dove fai vela, ricca nave?

È l’ora che la sera nel sòffoco boccheggia

e frugare la tenebra m’è grave…


(Ogni giorno la vita più scarseggia).


*


EPITAFIO


I blocchi di carbone nella bruma

erano rose radicate nel tuo cuore,

la cenere velava il tuo viso

ogni mattina.


Sfrondando ombre di cipressi

te en sei andata l’altra estate.


*


POST SCRIPTUM

11 settembre 1941


Hanno occhi bianchi senza cigli

e gracili le braccia come canne.


Non con loro, Signore. Ho conosciuto

la voce dei bambini all’alba:

rotolava su verdi clivi, allegra

come le api e come

le farfalle, con tanti colori.

Non con loro, Signore. Quella voce

non esce più da quelle labbra, è là

ferma, incollata a denti gialli.


È tuo, Signore, il mare e così il vento

con una stella appesa al firmamento.

Non lo sanno, Signore, che noi siamo

quel che possiamo essere.

Curando le nostre ferite

con l’erbe che troviamo ai verdi clivi

- non altrove! Su questi clivi vicino a noi -

che respiriamo come possiamo respirare

con una preghierina ogni mattina

che guadagna la riva, veleggiando

nei vuoti di memoria.

Non con loro, Signore, altrimenti

sia fatta la tua volontà.


*


EURIPIDE, ATENIESE


Invecchiò tra l’incendio di Troia

e le cave di pietra di Sicilia.


Amò spelonche su la spiaggia, quadri di mare.

Videle vene umane

come una rete ove gli dei ci predano come fiere:

si sforzò di bucarla.

Ruvido, pochi furono i suoi amici.

Venne l’ora: sbranato fu dai cani.


 
 
 

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