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Poesia uruguaiana / Idea Vilariño


Idea Vilariño (Montevideo 1920 – 2009) è stata poetessa, donna di lettere e militante politica uruguaiana. Nella decade degli anni ’50 inizia a definirsi la sua voce poetica, forte e austera, che ancora oggi è riconosciuta e ammirata. Nocturnos (1955), Poemas de amor (1957) e Pobre mundo (1966) sono le tre raccolte che, negli anni, hanno ricevuto maggior risonanza e che ancora oggi rappresentano il nucleo espressivo principale della poetessa. Ritmo e musicalità sono le sue prerogative espressive ed è per questo che musica alcune poesie e scrive testi di canzoni. La canción y el poema (o la canción) interpretata da Alfredo Zitarrosa e Los orientales sono solo due fra i titoli che la inseriscono, legittimamente, nel panorama della canzone popolare uruguaiana. Ferma sostenitrice della cultura tanghera pubblica anche alcuni saggi sul tango: Las letras de tango (1965) e El tango cantado (prólogo y antología) (1981). Negli anni ’70 intraprende, a più riprese, alcuni progetti di traduzione del teatro shakespeariano e non solo. Nel 1966 riceve il Premio Nacional de Literatura, che rifiuta. Più tardi, nel 1987 riceve il Premio José Enrique Rodó. Nel 2004 riceve il Premio Konex Mercosur per le lettere, come scrittrice più influente. Oggi rimane una figura decisiva della cultura uruguaiana.

Amore, morte e solitudine sono le fondamenta del suo manifesto poetico. I suoi versi sono disillusi e concreti. Non lasciano spazio ad altri interlocutori oltre al yo e al no, che incessantemente dialogano e si scontrano. In accordo con la tradizione rioplatense il linguaggio è, a tratti, colloquiale e si rinnova, creando una camera segreta delle confessioni, dove poeta e lettore si ritrovano a tu per tu con frazioni di vita quotidiana, memorie del passato, amori fisici e lontani negati e geografie del sud deturpate. La poesia di Idea Vilariño è la poesia degli addii che durano tutta la vita e dell’osservazione dura e implacabile sulle cose del mondo.

Dietro la maschera serena è il titolo che proponiamo per questa nuova antologia inedita di cui presentiamo qui tre testi.

Francesca Giovanna Proietti e Davide Caroleo



DIETRO LA MASCHERA SERENA

Ehi,

ti parlo a fatica,

con la voce sfranta.

Fa freddo, sono vecchia

e a valer non vale nulla.

Io, avevo un roseto pieno di rose

e un bicchiere di miele chiaro

ma ho pensato pensato pensato

e non mi rimane nulla.

Io, sprofondavo nei giorni profondi, caldi,

nella mia anima profumata,

nelle notti assurde e serene.

Oggi sprofondo nel nulla.

Io ero molto, così ben, così pienamente,

così armoniosamente modellata,

e mi sono disfatta in pezzi senza senso

e non sono quasi nulla.

Io non sono più io né nessuno.

A pezzi, morta,

non sono nulla.

Ho pensato pensato pensato

ed oggi non rimane altro ormai

che questa povera cosa sfasciata.



(1941)

*


Oye,

te hablo a duras penas,

con la voz destrozada.

Hace frío, estoy vieja

y nada vale nada.

Yo tenía un rosal lleno de rosas

y un vaso de miel clara

pero pensé pensé pensé,

y no me queda nada.

Yo me hundí en los días hondos, cálidos,

en mi alma perfumada,

en las noches absurdas y serenas.

Hoy me hundo en la nada.

Yo era tanto, tan bien, tan plenamente,

tan armoniosamente modelada,

y me deshice en piezas sin sentido

y casi no soy nada.

Ya no soy yo ni nadie.

Estoy deshecha, muerta,

no soy nada.

Pensé pensé pensé

y hoy ya no queda

más que esta pobre cosa destrozada.

*

LETTERA II

Sei lontano e al sud

lì non son le quattro.

Chinato sulla tua sedia

appoggiato sul tavolino del caffè

della tua stanza

steso su di un letto

il tuo o quello di qualcuno

che vorrei cancellare

–sto pensando a te non a chi cerca

al tuo fianco la stessa cosa che voglio io–.

Sto pensando a te già da un’ora

forse mezza

non so.

Appena la luce svanirà

saprò che son le nove

rifarò il letto

mi metterò il vestito nero

e mi pettinerò.

Cenerò

è ovvio.

Ma prima o poi

tornerò in questa stanza

mi butterò sul letto

e allora il tuo ricordo

che dico

il mio desiderio di vedere te

che mi guardi

la tua presenza di uomo che mi manca nella vita

cominceranno

come fai tu adesso a sera

che è già notte

ad essere

la sola unica cosa

che mi importa al mondo.


(1954)

*


Estás lejos y al sur

allí no son las cuatro.

Recostado en tu silla

apoyado en la mesa del café

de tu cuarto

tirado en una cama

la tuya o la de alguien

que quisiera borrar

–estoy pensando en ti no en quienes buscan

a tu lado lo mismo que yo quiero–.

Estoy pensando en ti ya hace una hora

tal vez media

no sé.

Cuando la luz se acabe

sabré que son las nueve

estiraré la colcha

me pondré el traje negro

y me pasaré el peine.

Iré a cenar

es claro.

Pero en algún momento

me volveré a este cuarto

me tiraré en la cama

y entonces tu recuerdo

qué digo

mi deseo de verte

que me mires

tu presencia de hombre que me falta en la vida

se pondrán

como ahora te pones en la tarde

que ya es la noche

a ser

la sola única cosa

que me importa en el mundo.

*

LO SPECCHIO

Lascia, lasciami fare, gli dice

e quando china

quando il viso quasi affonda, dolcemente

nel grezzo vello

nell’oscuro groviglio intricato

sulla pelle assai pallida

guarda lo specchio, anzi, guarda nello specchio

una testa bionda –no– dorata

i capelli lievemente raccolti

in un languido chignon

il viso il collo la testa come quelli

di una delicata ballerina.

Lo specchio, guarda lo specchio, diceva

e in ginocchio, alla fine immerse il viso

e le lasciò guardare la testa

dorata che sprofondava nel manto bruno

e il collo, armonioso e incantevole

che si piegava

le lasciò guardare, assorto e innamorato

quel pezzo del suo amore che viveva

rinchiuso nell’ovale d’oro.

(1970)

*

Dejá déjame hacer le dice

y cuando inclina

cuando va a hundir el rostro suavemente

en la dura pelambre

en la oscura maraña entreverada

sobre la piel tan pálida

ve el espejo es decir ve en el espejo

una cabeza rubia −no− dorada

el pelo blandamente recogido

en un lánguido moño como si

fueran la cara el cuello la cabeza

de alguna delicada bailarina.

El espejo mirá el espejo dijo

y arrodillada hundió por fin el rostro

y le dejó que él viera la cabeza

dorada hundiendosé en el vello negro

y su cuello doblándose

tan armoniosa tan hermosamente

dejó que él viera absorto enamorado

ese pedazo de su amor viviendo

encerrado en el óvalo de oro.

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