Bastano poche poesie a mostrare quante frecce tematiche e stilistiche abbia al suo arco Giuseppina Biondo - nata a Mazara nel 1990 ma residente a Milano, dove si è laureata in Filologia Moderna e lavora come organizzatrice di eventi culturali e direttrice della rivista «Il Raccoglitore». Trovo originale, fuori da manierismi e schemi la sua ispirazione. In Non dire «ti ho» a chi ami, un attacco dalla nitidezza catulliana, serve all’autrice per un esercizio delizioso sul rapporto tra suono/significato e tra lettura mentale e lettura ad alta voce. Perché davvero «ti ho», con la sua accentuazione del possesso, suona come l’inizio di «ti odio», mentre «Chi amo mi ha», che cambia la prospettiva del possesso in dono, suona come l’inizio di «mi ama». In Il pianto della Fenice un antico e mai tramontato mito, quello del magico alato che rinasce dalle sue ceneri, viene riproposto in un linguaggio quotidiano, dove trovano posto persino le pennette da bollire, e nello stesso tempo in un alone di spirito magico, dove campeggia il numero otto, palindromo, doppio di quattro che è il numero del cosmo, e riconosciuto simbolo dell’infinito. Quanto si impiega davvero a rinascere? L’autrice si rivolge alla Fenice in una sorta di dialogo affettuoso e complice. In altri testi cambia registro: nelle riprese di certi versi, nelle immagini oniriche, potenti, crude, nel ritmo incalzante, io sento un tono da ballata in cui è ancora una domanda a affacciarsi, come trovare l’armonia di un canto, e dove il finale richiama una metamorfosi quasi ovidiana. Non è che Giuseppina Biondo guardi al mondo classico o al mito con uno sguardo rivolto al passato: tutt’altro, la giovane autrice è libera nei suoi movimenti e nelle sue metamorfosi, è estremamente contemporanea, colta ma fresca e piena di energia espressiva e comunicativa. La quarta poesia, molto ben costruita, si intitola La metrica delle neve, e niente meglio del titolo potrebbe dirci che, anche quando sembra che adotti un punto di vista metaletterario, in realtà il punto di vista di Giuseppina Biondo è sempre quello della vita, dell’umanità e del cuore.
Giuseppe Conte
Non dire «Ti ho» a chi ami,
di piuttosto «Chi amo mi ha».
Ti ho, a pronunciarlo, non sembra l’inizio di Ti odio?
Mi ha, a pronunciarlo, non sembra l’inizio di Mi ama?
*
Io non voglio sapere se sei innamorata,
o di chi, ma cosa ti innamora?
Cosa ti incanta?
Questo vorrei saperlo per non lasciarti scampo
preda, preda dei miei desideri.
*
Mi sono vestita di giallo e ti avrei voluto al mio fianco,
mi ero fatta bella quella sera e tu chissà dov’eri.
Sono certa che tu non sappia del mio amore
ed è questo il mio intento: che tu non lo sappia
e che io ne scriva poesie.
*
La metrica della neve
– vorrei inventare un verso, vorrei
inventarne il metro – si attende,
si aspetta sino a tarda notte,
sino a tardo mezzogiorno;
ma la metrica della neve
avvolge uomini lontani,
lascia precipitare le parole
sino a terre separate
dalle nostre tramontane.
E al centro della metrica della neve,
vi è un’umanità, un ambiente
– vengono subito circondati –
come palla di vetro con neve
– siamo così poeti, lettori e ascoltatori –,
e siamo così.
La metrica della neve
avvolge di silenzio, rende difficile
il passo, l’immagine, il verso;
circonda di quiete il poeta.
Ti immagino così per adesso:
che mi guardi male attraverso
la parete. La metrica della neve
lo sa, che se ti trovi al suo centro,
chiunque ti passa attraverso.
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