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Laboratorio Inediti / Stefano Reboani


Stefano Reboani, di Cremona, ha conseguito la maturità scientifica nel 2012 e si è iscritto alla facoltà di musicologia dell’Università di Pavia. Attualmente lavora come fisioterapista. Le poesie che proponiamo provengono da una raccolta ancora in gestazione che ruota intorno al tema del sovrasfruttamento della natura, «in particolare si parlava di come in Kenya si estirpassero certe specie di orchidea per scopi agricoli e di come le varianti di questi fiori possano essere utilizzati in medicina nella produzione di farmaci contro il cancro». Una ricerca personale sulla condizione delle ultime generazioni, attraverso la presa di coscienza della realtà e il superamento dell’adolescenza. Nonostante la giovane età, l’autore ha capito che la cura del singolo verso è fondamentale, che la propria voce va modulata attraverso un’educazione musicale.



DOPO



È già attraversata la città.

Dalla periferia il cavalcavia

è uno svincolo che riconduce

in pochi attimi al centro,

alle sue strette arterie principali;

non è poi così grande come appare,

ne così complicata.

La sensazione di avercela fatta

termina spesso ancora

prima di aver finito veramente,

quando ci si avvicina così tanto

alla meta che è necessario chiedersi

che cosa accadrà dopo,

quando l’incombere di una scadenza

inizia a fare in modo

che non sia più possibile

rifugiarsi nell'indefinitezza

di una data lontana,

in un lasso di tempo fuori dalla realtà

in cui altro non si può

che attendere, ed essere soddisfatti

di quanto si è già fatto.

Ed è per questo che è attraversata

la città ogni giorno

e tutto quanto il suo circondariato;

che lo fanno decine

di messaggi per etere,

per carta e per parola verso autunno,

e che l’ultimo eco si dirige

verso il suo cuore. Eppure è ancora semplice

sentirsi in pace in giorni come questo,

quando le foglie sono già cadute

e marcite per terra in un unico

fango, e di altri colori non c’è traccia

a dar l’idea di un’immobilità

comunque necessaria

per cui vale la pena rassegnarsi,

dove la sensazione

è acuita dalle gocce che

cadono sull’asfalto già bagnato.

In questo modo si sfoga il bisogno

di dovere per forza

far qualcosa, e si prova ad acquisire

una tranquillità che non si sa

quanto possa durare.

Le luci del Natale le daranno

una tregua ulteriore, come un velo

si stenderanno a riparo di queste

giornate, fino a quando

lo risolleverà un rinnovato

anno, e si scoprirà del tutto inerme

di fronte a un cielo azzurro e sconfinato.


*


GIORNI BREVI



Eppure c’è chi guarda il sole sorgere

già alto, o chi lo deve fare forse.

E indifferenti gli sono l’azzurro

del cielo e il sole di un limpido giorno,

poiché indifferenti sono stati

i suoi sforzi, e altri non ce ne sono.

Esistono davvero, sono in tanti,

non voltatevi altrove

non fate finta che non sia così,

e non scandalizzatevi se amano

i tramonti piuttosto loro, i giorni

brevi, e le ore della notte

più lunga da cui nascono.


*


CASA / 1



«Ho provato a informarmi, lo stipendio

che danno in fabbrica è

troppo basso, non ne vale la pena.

Dovrò andare a sentire in comune,

alcune sono libere,

dovrò solo riempire il frigorifero,

non dovrò preoccuparmi di nient’altro».



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