Poesia spagnola / Juan Carlos Mestre
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Juan Carlos Mestre (Villafranca del Bierzo 1957) è autore di diverse raccolte in versi dopo l’esordio, avvenuto nel 1982 con Sette poesie scritte vicino alla pioggia. Tra queste ricordiamo: Antifona dell’autunno nella Valle del Bierzo (Premio Adonais 1985), La poesia è caduta in disgrazia (Premio Gil de Biedma 1992), La tomba di Keats (Premio Jaen 1999), L’Universo sta nella notte (2006) e La casa rossa, Premio Nazionale di Poesia 2009 e volume dal quale provengono i testi che proponiamo nella traduzione di Alberto Pellegatta. Tra gli ultimi titoli: La bicicletta del panettiere (2012) e Una poesia non è una messa cantata (2013).
Colto frequentatore dell’arte, Mestre propone una poesia frontale e immaginativa, una scrittura energica liberata dalla retorica.
LA CASA ROSSA
A Alexandra Domínguez
Qualcuno sta dicendo che nella periferia della città c’è una casa rossa. Una casa dove neri cardinali sacrificano pappagalli alla voce del diluvio. Il diluvio ha barbe bianche come il salice della giurisprudenza una domenica di nozze. I predicatori amano la tempesta e battono con le loro Bibbie di madreperla l’erezione dei guardiacoste. Le famiglie bevono alcol, si segnano, raccolgono insetti. Il bambino della lamina si masturba placidamente con la trasparenza. La rosa di Gerico profuma di vaniglia. Qualcuno sta dicendo che nella periferia della città c’è una casa rossa. Una casa la cui illusione è piena di pesci, il pesce di San Pietro, la coscienza del delfino chiusa nel cerchio della baia deserta. Lorenzo de Medici aveva una casa rossa, i manichini di Bisanzio avevano una casa rossa. Il mio cuore è una casa rossa con squame di vetro, il mio cuore è la casetta dei bagnanti la cui eternità è breve come una colonna di lacrime. Il minotauro fa ruotare gli occhi sulla scogliera delle stelle, la ferita della sera fa il suo nido sulla sabbia. Io parlo con le ali, io parlo con la lava dell’ardito e il fumo del diamante. La geometria beve veleno, nel canto degli uccelli suona il ballo dei morti. Nella casa rossa c’è una tavola bianca, sulla tavola bianca c’è una cassa d’argento con il niente del sabato. L’intemperie geme contro i muri, la tristezza geme contro i marmi. Il profeta ebbe una casa di papiro sulla riva del lago, la ragazza del ghetto ha vissuto nella casa delle domande. La mia mano sinistra sfoggia un anello d’acqua, nel cammeo della superstiziosa brilla il mercurio della temperatura. Ciò che canto è fuoco, cavalli ciò che canto contro l’aritmetica e i numeri. Qualcuno sta dicendo che nella periferia della città c’è una casa rossa, una casa sotto l’indice del cielo e il nero nenufaro dell’amante devota. Il ragazzo con gli occhi d’ebanite ama la malattia e il rubino dei re. Le belle donne sognano acquarelli, sognano garze e volumi e bruschi prodigi sui tappeti di lana. Io vivo smarrito tra due rose di sangue, quella che tinge la calamità dell’impaziente bellezza e quella che tinge l’aurora con il suo astro eucaristico. La mia volontà ha la collera dell’orefice, il mio capriccio ha la ruggine della tua fronte di ferro. Nessuno attraversa i boschi maligni, nessuno sull’erba della morte ascolta lo sconsolato discorso delle assidue cerimonie. Io vedo l’arcobaleno, io vedo la patria dei musicisti e l’ulivo dei vangeli. La mia casa è una casa rossa sotto la fibra di un fulmine, la mia casa è la visione e la bellezza di un’isola. Qui c’è spazio per il galà del mandarino e la scrupolosa usura delle età antiche. Questa casa guarda a nord verso le lagune di felci, questa casa guarda a sudest fustigata dall’alito di quelli che chiedono l’elemosina.
*
LA CASA ROJA
A Alexandra Domínguez
Alguien anda diciendo que en las afueras de la ciudad hay una casa roja. Una casa donde los cardenales negros sacrifican papagayos a la voz del diluvio. El diluvio tiene las barbas blancas como el sauce de la jurisprudencia un domingo de bodas. Los predicadores aman la tempestad y golpean con sus Biblias de nácar la erección de los guardiamarinas. Las familias beben alcohol, se santiguan, recolectan insectos. El niño de la lámina se masturba plácidamente con la transparencia. La rosa de Jericó huele a vainilla. Alguien anda diciendo que en las afueras de la ciudad hay una casa roja. Una casa cuya ilusión está llena de peces, el pez de San Pedro, la conciencia del delfín encerrada en el aro de la bahía desierta. Lorenzo de Médicis tenía una casa roja, las maniquíes de Bizancio tenían una casa roja. Mi corazón es una casa roja con escamas de vidrio, mi corazón es la caseta de los bañistas cuya eternidad es breve como columna de lágrimas. El minotauro hace rodar sus ojos por el acantilado de las estrellas, la herida del anochecer hace su nido en la arena. Yo hablo con alas, yo hablo con lava de lo ardido y humo de diamante. La geometría bebe veneno, en el canto de los pájaros suena la armonía del baile de los muertos. En la casa roja hay una mesa blanca, en la mesa blanca hay una caja de plata con la nada del sábado. La intemperie gime contra los muros, la tristeza gime contra los mármoles. El profeta tuvo una casa de papiro a la orilla del lago, la muchacha del ghetto vivió en la casa de las preguntas. Mi mano izquierda luce un anillo de agua, en el camafeo de la supersticiosa brilla el mercurio de la temperatura. Lo que canto es lumbre, caballos lo que canto contra la aritmética y los números. Alguien anda diciendo que en las afueras de la ciudad hay una casa roja, una casa bajo el índice del cielo y el negro nenúfar de la amante devota. El muchacho con ojos de ebonita ama la enfermedad y el rubí de los reyes. Las mujeres hermosas sueñan con acuarelas, sueñan con garzas y volúmenes y súbitos prodigios sobre las alfombras de lana. Yo vivo extraviado entre dos rosas de sangre, la que tiñe la calamidad de impaciente belleza, la que tiñe la aurora con su astro eucarístico. Mi voluntad tiene la cólera del orfebre, mi capricho tiene el óxido de tu frente de hierro. Nadie cruza los bosques malignos, nadie sobre la yerba de la muerte escucha el desconsolado discurso de las ceremonias asiduas. Yo veo el arco iris, yo veo la patria de los músicos y el olivo de los evangelios. Mi casa es una casa roja bajo la fibra de un rayo, mi casa es la visión y la beldad de una isla. Aquí cabe la gala del mandarín y la escrupulosa usura de las edades antiguas. Esta casa mira al norte hacia las lagunas de helechos, esta casa mira al sudeste azotada por el aliento de los que piden limosna.
*
PAGINA CON CANE
I carabinieri hanno arrestato i miei amici,
hanno legato loro le mani ai binari,
mi hanno costretto come si costringe uno straniero
a salire su un treno e abbandonare la città.
I miei amici si sono ammalati nel silenzio,
hanno avuto visioni nelle vicinanze del sacro.
Non la ferita dell’innocente,
non la corda del cacciatore di rettili,
nel mio pensiero la crudeltà ha nome.
Mi hanno chiamato ebreo,
cane ebreo,
comunista ebreo figlio di cane.
Questo non è un tema che si possa risolvere in tre parole
perché per ciascuno di noi
queste parole non significano lo stesso.
Ho avuto un cane,
ho parlato con lui,
gli ho dato da mangiare.
Per qualcuno che ha avuto un cane
la parola cane è fedele come la parola amico,
bella come la parola stella,
necessaria come la parola martello.
*
PÁGINA CON PERRO
Los carabineros detuvieron a mis amigos,
les ataron las manos a los raíles,
me obligaron como se obliga a un extranjero
a subir a un tren y abandonar la ciudad.
Mis amigos enfermaron en el silencio,
tuvieron visiones en las cercanías de lo sagrado.
No la herida del inocente,
no la cuerda del cazador de reptiles,
en mi pensamiento la crueldad tiene nombre.
Me llamaron judío,
perro judío,
comunista judío hijo de perro.
Este no es un asunto que se pueda solucionar con tres palabras,
porque para cada uno de nosotros
esas palabras tampoco significan lo mismo.
Yo he tenido un perro,
he hablado con él,
le he dado comida.
Para alguien que ha tenido un perro
la palabra perro es fiel como la palabra amigo,
hermosa como la palabra estrella,
necesaria como la palabra martillo.
*
PICCOLA CONFERENZA
Cambio Rayuela, Cent’anni di solitudine e tutte le altre per Paradiso.
Julio Cortázar per Osvaldo Soriano
Signore e signori: quando ho iniziato a scrivere non eravate nati.
L’argomento è più complicato di ciò che sembra a prima vista.
Non invano mi guadagno la vita rendendo visibile l’evidente.
Finita la guerra fredda è iniziata la guerra ardente.
Gettiamo un secchio di fuoco sull’acqua dell’ideologia.
Messi nello stesso sacco cruciverba e necrologi,
pochissimo si è riflettuto sull’importanza della poesia.
Tutti i professori sanno che il romanticismo era il brutto anatroccolo,
fantasma di quei cigni che hanno entusiasmato i nonni.
Conclusa l’età dell’oro sono arrivati i tempi classici,
anche se il popolo preferisce i film sui romani.
Anziani ormai i giullari, pensionati i trovatori,
la maggioranza assoluta ce l’hanno i ciarlautori.
La storia che si ripete è quella che succede due volte.
Smettiamola di essere diretti, cominciamo a prenderla alla larga.
Vediamo se si riesce a trovare un accordo.
Togliamo l’involtorio a chiacchiere e pettegolezzi:
La prima cosa è avere una buona mano per trovare l’aggettivo.
Non basta avere talento, anzi è controproducente.
Mettiamo sul centrino un tema già dibattuto:
Perché la risma da pacchi ha rimpiazzato la carta da burro.
Non mancherà chi toglierà all’avanguardia la pelle,
chi continua con il sermone di astratti contro decorativi.
La semplicità è scienza complessa assicurano i massaggiatori
e la lingua dei maestatici, perbacco, un pizzico solenne.
Segnatevi un commento degno di considerazione:
Calamaio da cui non devi bere lascialo, non si sa mai, correre.
Signore e signori, intuisco che mi capiscono,
non invano mi sono consigliato con camerati d’esperienza:
In tre di ogni due teste l’immaginazione è un rubinetto.
Una poesia deve essere semplice come le vacanze delle medie,
un piccolo pioniere che tolga al proletariato gli uccelli dalla testa.
Niente meditazioni sulla sostanza degli avverbi,
niente indovinelli né oroscopi di catechismo,
la critica ha dato loro il cambio e hanno sigillato gli alambicchi.
Ma se non ho detto ciao né addio, non dirò adesso arrivederci.
A poco è servito alla causa uno sforzo così smisurato:
I camaleonti avevano un qualche prestigio dopo Keats
e dopo il piano quinquennale sono iniziati gli sdoppiamenti.
Alcuni come guide turistiche tra dipinti a cavalletto
per vendere qualche souvenir alla cattedra dei sentimentali.
Altri diamo piccole conferenze
al circolo degli Alcolisti Anonimi.
*
PEQUEÑA CONFERENCIA
Te cambio Rayuela, Cien años de soledad y todas las otras por Paradiso.
Julio Cortázar a Osvaldo Soriano
Señoras y señores: cuando yo comencé a escribir ustedes no habían nacido.
El tema es más complicado de lo que a simple vista parece.
No en vano me gano la vida haciendo ver lo evidente.
Acabada la guerra fría comenzó la guerra ardiente.
Echemos otro cubo de fuego al agua de la ideología.
Metidos en el mismo saco crucigramas con necrológicas,
muy poco se ha reparado en la importancia de la poesía.
Todos los catedráticos saben que el romanticismo era un patito feo,
fantasma de aquellos cisnes que ilusionaron a los abuelos.
Concluida la edad de oro llegaron los tiempos clásicos,
aunque el pueblo lo que prefiere son las películas de romanos.
Ancianos ya los juglares, jubilados los trovadores,
la mayoría absoluta la tienen los charlautores.
La historia que se repite es la que ocurre dos veces.
Dejemos de ser directos, vayamos dando un rodeo al grano.
A ver si nos apañamos para llegar a un acuerdo.
Quitémosle el envoltorio a chismes y habladurías:
Lo primero es tener buena mano para dar con el adjetivo.
No basta con tener talento, incluso es contraproducente.
Pongamos sobre el tapete un tema ya debatido:
Por qué la resma de estraza reemplazó al papel mantequilla.
No faltará quien le saque a la vanguardia el pellejo,
dale que erre al sermón de abstractos contra decorativos.
Lo simple es ciencia compleja aseguran los masajistas
y la lengua de los mayestáticos, ¡pardiez!, una pizca solemne.
Anótese un comentario digno de consideración:
Tintero del que no has de beber déjalo, acaso, correr.
Señoras y señores, intuyo que me comprenden,
no en vano me he aconsejado por camaradas con experiencia:
En tres de cada dos cabezas la imaginación es un grifo.
Un poema debe ser sencillo como las vacaciones de la clase media,
un pequeño pionero que le saque al proletariado los pájaros de la cabeza.
Nada de meditaciones sobre la sustancia de los adverbios,
nada con las adivinanzas ni los horóscopos del catecismo.
Las musas de los cotidianos reemplazaron a los subjetivos,
la crítica les dio el relevo y precintaron los alambiques.
Pero si no dije hola ni adiós, no voy a decir ahora hasta luego.
De poco sirvió a la causa esfuerzo tan desmedido:
Los camaleones tenían cierto prestigio después de Keats
y tras el plan quinquenal comenzaron los desdoblamientos.
Unos, como guías turísticos entre pinturas de caballete
vendiendo algún souvenir a la cátedra de los sentimentales.
Otros damos pequeñas conferencias
en el club de Alcohólicos Anónimos.
*
ESSE
Tutte saremmo diventate regine…
Gabriella Mistral
Forse si sono appena alzate e sentono lontano un odore di uccelli addormentati. Forse tutto ciò che era il mondo, erba e galassia, ancora è sogno. Sanno stirare, forse danno da mangiare a figli che non sono loro. Ritornano insignificanti alla vita, rincasano nel quartiere in cui un tempo hanno pensato di non essere sole, essere Asso di Cuori tra le mani di un croupier del sabato. Spolverano libri che non leggeranno mai, cambiano le lenzuola del letto dove si sono amati altri. Nessuno sa che dio delle piccole cose le fa ancora sorridere nelle fotografie. Camminano verso la metro, beatrici di Dante, giuliette, lise marie di noldo gherardini. Sopravvivono senza colpa, avide, fervide, disprezzate. Forse odiano, forse sognano.
*
ELLAS
Todas íbamos a ser reinas…
Gabriela Mistral
Posiblemente se acaben de levantar y oigan a lo lejos un olor a pájaros dormidos. Posiblemente todo lo que era el mundo, hierba y galaxia, aún es sueño. Saben planchar, posiblemente dan de comer a hijos que no son suyos. Vuelven insignificantes a la vida, regresan al suburbio donde pensaron algún día no estar solas, ser As de Corazones entre las manos de crupier del sábado. Quitan el polvo a libros que jamás leerán, cambian las sábanas del catre donde se amaron otros. Nadie sabe qué dios de las pequeñas cosas aún les hace sonreír en las fotografías. Caminan hacia el metro, beatrices de Dante, julietas, lisas marias di noldo gherardini. Sobreviven sin culpa, ávidas, fervientes, despreciadas. Posiblemente odian, posiblemente sueñan.





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