Abraham Gragera è nato a Madrid nel 1973, è un poeta spagnolo di lingua castigliana laureato in Arte all’Università di Salamanca. Le sue poesie si trovano in diverse antologie sulla poesia spagnola recente.
Antologizzato appena ventenne in Veinticinco poetas (Hiperion, Barcellona 2003), ha pubblicato Io è altro (Dvd, Barcellona 2002), Deviazioni e dimore (Antojo, Madrid 1999), Addio alla epoca dei grandi caratteri (Pre-Textos, Valenza 2005) e Il tempo meno solo (Pre-Textos, Valenza 2012). Queste traduzioni sono di Alberto Pellegatta.
ADIÓS A LA ÉPOCA DE LOS GRANDES CARACTERES
De algún modo, tú siempre lo has sabido, pero cuántas novelas permanecen sosegadas ahí, sobre la alfombra, a merced del no tan robusto suelo, abiertas por donde nada ha sucedido aún. Y las dimos sin más, por terminadas, para buscar alojo entre el pasado y la gramática, donde cualquier alivio es soledad…
Ah el presente, derroche virtuoso de la curva antes de la aparición de los rincones. Parece que no llega a suceder.
Alzar ahora la voz en este cuarto vulgar de primer piso, vertedero de armarios y secretos generalizables, resulta algo ridículo, aunque también lo sea depurar ciertas palabras de su exceso de infinito.
Así, la telaraña dice adiós a la época de los grandes caracteres, mecida por el aire, la presa, el cazador…
Así el pasado planta cada lugar en el lugar preciso y asienten, prometeicos, los objetos, porque no son justificables, aunque se les juzgue, también, por lo contrario, forzando a los decoradores a oficiar de guionistas.
Y aquí es donde entras tú, con tus ropas a medio poner, rodeada de tajantes precipicios. Las olas sonrien, desdentadas. Las venas restallan, emotivas, tensas en los violines del deseo cuando tañen su no feroz a las intrerpretaciones para sobrevivir a los profesionales de la insatisfacción. Y al destino, que siempre será romántico, de la arena a la actualidad.
Así responden los ahogados al disimulo de los peces y se venden más clásicos sin anotar en los supermercados.
Digamos sólo fue o volvió, la ola. El resto no es burla, ni venganza, sino un malentedido que cada uno trata de revolver a su favor, como buscar el pájaro que canta entre follaje y ver únicamente el serrín del taxidermista.
Retorcido, aunque no tanto como acusar a los árboles de manierismo. O al viento, que todo lo enarbola, de adelantarse a las manos y susurrar entre dos cuerpos, como un desalinado mayordomo: reportaos.
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ADDIO ALLA EPOCA DEI GRANDI CARATTERI
In qualche modo, lo hai sempre saputo, ma quanti libri rimangono lì tranquilli sul cuscino, abbandonati al pavimento pericolante, aperti nel punto dove non è ancora successo niente. E li abbiamo considerati conclusi, pronti a cercare alloggio tra il passato e la grammatica, dove anche il sollievo è solitudine…
Ah il presente, spreco virtuoso della curva prima degli spigoli. Sembra che non riesca a succedere.
Alzare la voce adesso in questa povera stanza al primo piano, deposito di armadi e di segreti generalizzabili, risulta un po’ ridicolo, sebbene lo sia pure depurare certe parole dal loro eccesso d’infinito.
Così, la ragnatela dice addio all’epoca dei grandi caratteri, dondola nell’aria, la preda, il cacciatore…
Così il passato pianta ogni luogo in un luogo preciso e stanno, prometeici, gli oggetti, perché non sono giustificabili, nonostante li si giudichi, anche, per il contrario, forzando i decoratori a fare i drammaturghi.
E qui è dove entri in scena tu, mezza vestita, circondata da precipizi affilati. Le onde sorridono, sdentate. Le vene schioccano, emotive, tese nei violini del piacere quando suonano il loro no feroce alle interpretazioni per sopravvivere ai professionisti dell’insoddisfazione. E al destino, che sarà sempre romantico, dalla sabbia all’attualità.
Così rispondono gli affogati alla dissimulazione dei pesci mentre, inosservati, si vendono più classici nei supermercati.
Diciamo solo fu o tornò, l’onda. Il resto non è una burla, né una vendetta, ma un fraintendimento che ognuno cerca di risolvere a suo favore, come chi cerca l’uccello che canta tra le foglie e vede solo la segatura del tassidermista.
Ritorto, anche se non tanto da accusare gli alberi di manierismo, o nel vento, che tutto inalbera, per arrivare prima delle mani e sussurrare tra due corpi, come un maggiordomo scomposto: riferite.
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