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Una questione di scelta / Un racconto di Roberta Fadini


Non aveva una disposizione naturale a curiosare tra gli effetti altrui ma quel fine settimana organizzato con tanta cura non era nelle corde di Alfonso e le aveva instillato un desiderio di indiscrezione. Anche solo per sapere in anticipo come muoversi. Non amava trovarsi impreparata e in genere odiava lasciare che la delusione trasparisse dal suo viso, soprattutto se lui non le avesse chiesto nulla.


Poteva essere veramente la volta buona?


Con accuratezza, forse eccessiva, sollevò le magliette riposte nel cassetto: non fosse stata un’azione fatta di nascosto probabilmente avrebbe avuto una certa trascuratezza nel risistemare ogni cosa al suo posto. Ma adesso stava cercando qualcosa. Finalmente la mano che ispezionava alla cieca, a tentoni fra la biancheria la trovò. Era un’anonima scatolina di velluto rosso rubino, bombata nella parte superiore. La aprì. Bello. Decisamente bello. Un diamante a taglio brillante con montatura praticamente invisibile su un anello di platino. La tentazione di provarlo sfidò per un interminabile minuto tutte le paranoiche superstizioni che le avevano ficcato in testa sua madre, sua nonna e pure sua zia. Stupidaggini ma rischiare tutto per un moto di orgoglio non era il caso. Rimise ogni cosa a posto e si infilò in un costume intero sufficientemente equilibrato: castigato ma ricercato e sensuale. Aveva speso una fortuna ma farsi pagare i vestiti da lui no. Sapeva troppo di mantenuta. Seduta sul letto pensò alla strada che aveva fatto tutta da sola. Era emozionata, quello era un anello di fidanzamento. Si sarebbe sposata

Alfonso rientrò in camera con il passo accelerato; sistemate due urgenze di lavoro era pronto per la spa: non lo avrebbero disturbato per le prossime 48 ore così aveva detto. La baciò a lungo prima di aprirle la porta della suite. Le fece scorrere la mano lungo la schiena rallentando nelle pieghe che quell’informe bozzolo creava nell’avvolgerle il corpo. Lei si girò e mentre raccoglieva i capelli lo baciò. Un bacio a stampo sulla guancia, come fanno i bambini quando sono eccitati per un nuovo gioco, una sorpresa perché sono consapevoli che c’è qualcosa in serbo per loro ma non sanno ancora cosa e soprattutto quanto sarà grande.

Alfonso la osservava camminare davanti a lui. A 56 anni aveva trovato l’amore. Per la prima volta si guardava indietro per vedere con una certa svagatezza se i pezzi della sua vita passata lo seguivano: due figli adolescenti, una ex moglie, 25 anni di ricordi ma nulla a cui fosse veramente, intimamente interessato. I figli hanno le loro storie, i loro impegni. Superati i 15 anni ti guardano come fossi un estraneo fornitore di soldi, un anonimo bancomat privo di problemi o di questioni irrisolte e ti scaricano addosso la qualunque. Anzi, la loro permanenza nel tuo appartamento corrisponde ad un uragano di richieste e pretese: due novelli dittatori che con una diligenza da primi della classe sezionano ogni aspetto della tua vita imponendoti delle scelte sempre esclusive e che pretendono di fare tabula rasa dei 12 giorni in cui non sei con loro. Niente donne, niente amiche, niente di niente. Adesso l’appartamento di papà è solo il dormitorio, nulla più di un motel dove posteggiarsi per 48-60 ore.

A loro Marika non piaceva: troppo giovane, troppo opportunista, un’arrampicatrice sociale. Ma d’altra parte la loro relazione era normale. Se ne sarebbero fatti una ragione, Marika sarebbe stata sua moglie. Entro l’estate il matrimonio. A marzo avrebbero imbiancato la villa e sistemato il giardino e a Marika avrebbe dato un mese di permesso per occuparsi dei dettagli. Aveva fretta non voleva perdere nemmeno un giorno. Poi dopo il matrimonio avrebbe deciso lei se continuare a lavorare. A lui interessava solo di averla al suo fianco e poi fare dei figli, perché no? Marika era giovane ne aveva tutto il diritto. E adesso anche lui avrebbe avuto più tempo da dedicare alla famiglia, alle vacanze. In fin dei conti non a tutti capita una seconda possibilità di scelta.

65 anni lui e una sessantina lei: in attesa davanti all’ascensore c’era una coppia. Lui sguardo assente e sorriso di circostanza, lei una pronipote di Bernardo Guy, novella inquisitrice. Aveva cominciato a scrutarli da lontano alla ricerca di un segno che desse una risposta al suo quesito. Amante o figlia?

Amante, amante, signora, pensò Marika, e con un gesto di altruismo a lei in genere poco confacente decise di soddisfare la curiosità della donna: prese Alfonso per mano e gli baciò delicatamente la bocca.

La mente di Marika era già oltre. Se il matrimonio fosse avvenuto entro settembre aveva deciso che non sarebbe rimasta incinta prima del settembre successivo anzi meglio ancora entro i 2 anni seguenti: non prima e, possibilmente, non dopo. Lei avrebbe avuto 32 anni e Alfonso 58, non troppo giovane lei e non troppo vecchio lui.


Aveva deciso che Alfonso sarebbe stato suo marito subito dopo averlo conosciuto: divorziato, di mezza età e affascinante. Nell’elenco dei motivi non era comparso ricco, era superfluo, non avrebbe mai potuto innamorarsi di un uomo povero. Ma poi l’amore cos’è se non uno scambio di reciproca gratitudine: uno offre giovinezza, bellezza, vitalità, l’altro benessere, sicurezza e futuro. È una semplice questione di scelta, pensò.


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